Usurarietà sopravvenuta: quando si verifica? Che cosa fare?
Quando ci si rivolge a un istituto bancario per la concessione di un prestito, un finanziamento o un muto, si sottoscrive un contratto. Nel contratto sono esplicitate le condizioni e, tra queste, anche i tassi di interesse e altri tipi di interessi, clausole e spese accessorie. Quando, in un momento successivo alla stipula del contratto, i tassi di interesse superano una determinata soglia, si parla di usurarietà sopravvenuta. Ecco in cosa consiste nello specifico e quali sono gli elementi da tenere in considerazione.
Usurarietà sopravvenuta: che cos’è e cosa significa?
Quando si parla di usurarietà sopravvenuta si fa riferimento a una situazione che, nella maggior parte dei casi, si instaura tra istituti bancari e i loro clienti. L’ambito è, generalmente, quello dei mutui, dei prestiti e dei finanziamenti. L’usurarietà sopravvenuta si verifica quando le banche applicano, ai clienti morosi, dei tassi di interesse la cui entità supera quanto pattuito in origine, arrivando al tasso di usura solo in un secondo momento. Il contratto iniziale prevede quindi un determinato tasso di interesse che, per fluttuazioni di interessi, va a superare quanto pattuito.
Se da una parte le banche possono infatti intraprendere azioni verso i clienti che non risultano in regola con i pagamenti, dall’altra questi ultimi possono intraprendere delle opposizioni verso i contratti con esse stipulati. Nella maggior parte dei casi si tratta di opposizioni relative proprio alle modalità di calcolo degli interessi (anatocismo bancario) nel momento in cui sfocia in una usurarietà sopravvenuta.
Come valutare la sussistenza dell’usurarietà sopravvenuta
Come capire se il tasso di interesse sfocia in usurarietà sopravvenuta? Il punto di riferimento principale per fare questa valutazione è il Tasso effettivo globale medio (spesso abbreviato in TEGM). Il TEGM è il tasso di riferimento utile per calcolare la soglia di usura. Ciò significa che il tasso di interesse di un finanziamento superiore a questo valore è da considerarsi illegale. Si ottiene attraverso la media trimestrale dei Tassi Effettivi Globali applicati dai finanziatori ai vari finanziamenti e il conteggio delle spese connesse al finanziamento. Fanno eccezione le imposte e le tasse.
Per ogni finanziamento va quindi preso in considerazione il tasso effettivo ad esso applicato e confrontarlo al “tasso soglia” relativo a quella specifica tipologia di finanziamento. Se la differenza che intercorre tra il Tasso effettivo globale medio e quello applicato al proprio finanziamento (mutuo, prestito, ecc.) supera gli 8 punti percentuali, si tratta di un tasso usurario.
Cosa dice la Cassazione
La Corte di Cassazione ha stabilito che, nella valutazione della sussistenza dell’usurarietà sopravvenuta, deve essere preso in considerazione tanto il tasso di interesse quanto l’insieme delle spese sostenute per accendere il mutuo. Sono quindi comprende, tra le altre, le spese di istruttoria per l’attivazione del mutuo, eventuali penali presenti nel contratto e le assicurazioni richieste al momento della stipula del contratto di mutuo.
Successivamente è intervenuta la Suprema Corte per fare chiarezza anche per quanto riguarda gli interessi moratori e gli interessi corrispettivi. Ovviamente nessuno dei due tipi di interesse può essere superiore a quanto previsto dalla legge, pena la definizione di usura. Ciò che però è stato specificato dalla Suprema Corte è che si possono prendere in considerazione o gli uni o gli altri. Il motivo è molto semplice: i primi sono gli interessi che, come dice la parola stessa, si applicano in caso di mancato pagamento entro il termine stabilito. La loro entità è necessariamente maggiore rispetto agli interessi corrispettivi, dal momento che il loro scopo è – anche – quello di scoraggiare il cliente dal portare avanti una condotta morosa. I secondi sono invece gli interessi che si applicano in qualità di controprestazione per quanto erogato (mutuo, prestito, ecc.). Costituiscono il guadagno ottenuto da chi presta delle somme, ovvero la quota aggiuntiva rispetto alla somma richiesta e ottenuta in forma liquida e in modo immediato. Va da sé, quindi, che solo un tipo di interessi può essere applicato sul prestito: se il cliente è in regola con i pagamenti si applicano gli interessi corrispettivi. Se non è in regola con i pagamenti, quelli moratori.