Inquilino moroso: quando si utilizza il termine e a cosa si riferisce?
Il contratto di locazione coinvolge due persone, ovvero il locatore (ovvero il padrone di casa) e il locatario (ovvero l’inquilino): purtroppo a volte può capitare che una delle due parti non rispetti i suoi obblighi e non sempre la controparte sa come comportarsi; in questa pagina parleremo dell’inquilino moroso: vedremo infatti quando si utilizza questo termine e a cosa si riferisce, prima di scoprire cosa può fare il padrone di casa per difendersi.
Quando si utilizza il termine inquilino moroso?
La prima cosa da fare è capire quando si utilizza il termine inquilino moroso: il locatario diventa moroso quando non paga il canone di affitto entro un determinato arco di tempo dopo i termini stabiliti dal contratto. La morosità è prevista e disciplinata dalla legge 392/1978, che all’articolo 5 stabilisce che il mancato pagamento della quota di affitto entro venti giorni dalla scadenza prevista sul contratto dà al locatore il diritto di chiedere al giudice la morosità dell’inquilino. In altri termini, se l’inquilino non paga entro i venti giorni successivi alla scadenza stabilita dal contratto, il proprietario può pretendere il pagamento ricorrendo al giudizio legale. La dichiarazione dello stato di morosità da parte del giudice causa la risoluzione del contratto e quindi obbliga l’inquilino a liberare il locale; il locatario ha inoltre diritto a ricevere gli interessi, oltre agli oneri per il ritardato e mancato pagamento.
La procedura di sfratto e le sue conseguenze
Il pagamento dell’affitto è un obbligo per l’inquilino ed è espressamente previsto anche dall’articolo 1282 del Codice Civile. Se l’inquilino non paga il canone pattuito il proprietario può rivolgersi ad un avvocato per chiedere l’avvio della procedura di sfratto (non esistono altre forme di autotuela, quindi non può, ad esempio, cambiare le chiavi del locale); purtroppo per lui l’esecuzione forzata prevede tempi lunghi e il conduttore, oltre a non percepire più alcun affitto dall’inquilino moroso, rischia di attendere almeno un anno prima di rientrare in possesso dell’immobile.
La procedura inizia con l’invio all’inquilino dell’intimazione con cui viene invitato a presentarsi in tribunale per il processo; l’obiettivo del processo è proprio quello di accertarsi del mancato pagamento dell’affitto. Se il giudice attesta questa situazione scatta lo sfratto; è il giudice stesso ad indicare i tempi entro cui l’inquilino moroso deve liberare l’immobile: di prassi gli vengono lasciati trenta o sessanta giorni di tempo, ma in dibattimento possono nascere richieste ed accordi differenti.
Se il locatario non si oppone (di fatto ammettendo di di essere inquilino moroso) il processo si conclude rapidamente, mentre se vendono sollevate altre questioni le tempistiche si possono allungare anche parecchio. L’inquilino moroso sfrattato è obbligato non solo a lasciare l’immobile spontaneamente entro quanto indicato dal giudice, ma anche al pagamento degli affitti arretrati, maggiorati dagli interessi e dalle spese. Se l’inquilino non “sloggia” entro la data prevista, il locatore può iniziare un’altra procedura, lo sfratto esecutivo: l’inquilino ha dieci giorni di tempo per liberare il locale, altrimenti compare la figura dell’Ufficiale Giudiziario che procederà con lo sfratto. Durante il periodo di sfratto l’inquilino che on ha ancora liberato il locale mantiene tutti i diritti e i doveri stabiliti dal contratto di affitto, quindi è tenuto a pagare i canoni relativi anche i mesi che intercorrono dalla sentenza al giorno in cui lascia l’immobile; durante il processo il proprietario può chiedere il pagamento anticipato di questi canoni.