Periodo nero per l’economia tedesca: precipita anche Deutsche Bank
Deutsche Bank, il gruppo bancario di Francoforte nato nel 1870 e radicato attualmente in tutto il mondo, è in perdita di ben 6 miliardi di euro. Il trimestre nero da giugno a settembre 2015 ha annoverato, infatti, la catastrofica voragine di 6,01miliardi di euro contro i soli 94 milioni del periodo giugno/settembre 2014 con una percentuale legata all’export che si staziona soltanto sul 5,2%, picco negativo già raggiunto solo nel 2009.
Il nuovo Ceo John Michael Cryan, nominato di recente il 1 luglio scorso in sostituzione ad Anshu Jain e Jürgen Fitschen, dopo attenti studi e ponderate considerazioni, corre drasticamente ai ripari: tagli per 26mila unità di lavoro; chiusura per 200 filiali tedesche e per le sedi finanziarie in Danimarca, Finlandia, Norvegia, Malta, Messimo, Perù, Cile, Uruguay, Argentina, Nuova Zelanda; e sospensione dei dividendi fino al 2017. Tutto ciò dovrebbe comportare entro il 2018 un risparmio mirato di 3.8 miliardi di euro.
L’Italia, con la leadership di Franco Valeri Presidente e Consigliere Delegato dal 2008, presenta invece una situazione rimasta pressocchè invariata: nessuna chiusura per le 627 filiali sparse lungo la penisola e nessun taglio ai circa 4000 siti occupazionali. Spiega Cryan: “Quello italiano è il secondo mercato europeo per il gruppo e qualsiasi eventuale rumor di un presunto ritiro è totalmente infondato”.
A poche settimane dello scandalo planetario Dieselgate di cui è stata tristemente protagonista la celebre casa automobilistica Volkswagen, la Germania si ritrova quindi a gestire un’altra patata bollente che scalfisce ulteriormente la sua immagine granitica sinonimo di funzionalità e prestigio. Ma si sa, conta fino ad un certo punto ciò che accade: importa di più il come e in quanto tempo vi si pone rimedio.